Google ha risposto con decisione alla proposta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), che vorrebbe costringere il colosso di Mountain View a vendere Chrome per presunti comportamenti anticoncorrenziali.
L’intervento del governo viene descritto da Google come una misura “radicale”, che danneggerebbe non solo i consumatori, ma anche le aziende e gli sviluppatori. Lee-Anne Mulholland, Vicepresidente per le questioni normative di Google, ha sottolineato i rischi significativi che il governo potrebbe innescare nel settore tecnologico, affermando che simili provvedimenti potrebbero perturbare gli investimenti, distorcere gli incentivi e ostacolare i modelli di business emergenti.
Mulholland ha affermato: “Ci sono enormi rischi nel momento in cui il governo decide di intervenire attivamente in questa industria vitale” Inoltre, in un momento in cui appare fondamentale sostenere l’innovazione e la leadership tecnologica americana, tali azioni potrebbero avere conseguenze negative per il mercato e per i consumatori stessi.
Oltre alla vendita di Chrome, il DOJ ha avanzato l’idea che Google debba condividere con i concorrenti le ricerche degli utenti, i clic e i risultati. Anche qui, Google ha messo in evidenza le potenziali problematiche legate alla privacy e alla sicurezza che questa misura comporterebbe, sottolineando che tali rischi sono già ben noti al DOJ. La società si prepara a difendere le proprie posizioni in sede legale, convinta che la sua piattaforma di navigazione, insieme ai suoi modelli di business, sia un elemento fondamentale per l’evoluzione del settore tech statunitense.
Implicazioni della vendita di Chrome
La vendita del browser avrebbe implicazioni enormi per il mercato e potrebbe innescare un cambio di bilancimaneto della competitività nel settore. In particolare, la separazione di Chrome da Android creerebbe una frattura significativa nei modelli di business esistenti. Mulholland ha sottolineato che tale disaccoppiamento potrebbe “cambiare i loro modelli di business” e, di conseguenza, “aumentare i costi dei dispositivi”, un fatto che non solo influenzerebbe i consumatori, ma metterebbe a rischio anche l’accessibilità generale alla tecnologia.
Google Chrome attualmente rappresenta il 66.7% delle sessioni di navigazione su Internet, con un’incidenza ancora più alta sui dispositivi mobili, dove raggiunge il 68%.