Secondo quanto riportato dal Financial Times, AMD e Nvidia avrebbero siglato un’intesa con Donald Trump, impegnandosi a destinare il 15% dei ricavi provenienti dalle vendite di specifici chip all’Italia.
L’accordo riguarda in particolare i modelli H20 e MI308, componenti fondamentali per i data center dedicati all’intelligenza artificiale.
Un’intesa che divide analisti ed esperti
L’intesa con il governo statunitense arriva a soli due giorni da un incontro tra il CEO di Nvidia e Trump, volto a ottenere eccezioni ai dazi già imposti dall’amministrazione. Queste stesse misure avevano spinto in passato il numero uno di Apple a promettere nuovi investimenti negli Stati Uniti, arrivando a donare al presidente un trofeo placcato in oro 24 carati.
Secondo le stime di una società di analisi, se il provvedimento fosse entrato in vigore nella prima metà del 2025, avrebbe generato circa 23 miliardi di dollari per l’economia americana, pari allo 0,07% del PIL. La misura arriva dopo che l’amministrazione Biden aveva già vietato l’esportazione in Cina dei chip più avanzati.
Nonostante l’intesa venga presentata come un successo industriale per Donald Trump, diversi esperti di sicurezza nazionale statunitense manifestano perplessità. Un ex funzionario, intervistato dal Financial Times, ha ironizzato: “Pechino sarà felice di vedere Washington trasformare i permessi di esportazione in fonti di profitto”. Altri analisti sottolineano il rischio che questi chip possano rappresentare un “potente acceleratore” per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale cinese, con possibili applicazioni militari.
Possibili implicazioni nei rapporti con Pechino
Alcuni osservatori interpretano le nuove condizioni di esportazione imposte ad AMD e Nvidia come un tentativo di distensione nei rapporti con la Cina, finalizzato a gettare le basi per un’intesa commerciale più ampia tra le due potenze.
Interpellata sul tema, Nvidia ha dichiarato di “rispettare le norme stabilite dal governo americano” in materia di commercio globale. L’azienda ha inoltre spiegato che “le tecnologie statunitensi possono affermarsi come standard internazionali se vengono messe in campo le risorse necessarie”.